Il paziente tricologico.
Fra maschio e femmina non esistono sostanziali differenze.
Entrambi richiedono l’immediata soluzione del problema.
Per questa ragione sarebbe forse più opportuno definirli impazienti tricologici.
E’ molto difficile convincerli che i tempi di risoluzione, quando possibile, sono necessariamente lunghi poichè dettati dal normale e lento tempo di crescita del singolo capello.
Ma l’impazienza non è la sola caratteristica di questo paziente.
Tutti propongono una valutazione del problema di tipo soggettivo, quindi personale, emotiva, spesso esagerata quando non fantasiosa.
Questo dà luogo ad un vero e proprio braccio di ferro con la valutazione dello Specialista, che deve invece essere obiettiva e serena e che quindi si scontra vivacemente con quella del paziente.
Non abbiamo mai incontrato, almeno in sede di prima visita, una corrispondenza fra queste due valutazioni.
Talora le distanze sono modeste, ma di regola le divergenze sembrano insanabili.
E questo costituisce a nostro parere il campo di miglior confronto fra il paziente e il suo Specialista.
E’ chiaro come dietro all’autovalutazione esagerata ci sia una condizione di disagio psicologico più o meno grave, che non solo può condizionare la buona risposta alla terapia, ma spesso rovina letteralmente l’esistenza di moltissimi pazienti che si sentono stritolati dalla propria condizione tricologica.
Non sembri esagerato: conosciamo pazienti che hanno minacciato conseguenze estreme se avessero perduto i propri capelli.
Nella grande maggioranza delle situazioni, per fortuna, il problema si estrinseca in un ostacolo alla vita sociale: c’è frequentemente il rifiuto ad uscire, a frequentare amici, a confrontarsi con gli altri.
E, tenuto conto dell’età media di questi pazienti, si può tranquillamente affermare che il problema tricologico assuma dimensioni ben aldilà di quello che potrebbe far pensare.
E qui, a nostro parere, entra in gioco l’Arte dello Specialista.
Senza mai negare il problema, a volte smussandolo con abilità e con tantissima pazienza, bisogna riportare il paziente ad una autovalutazione più reale, al convincimento che il problema venga affrontato con serietà e competenza, inducendolo ad accettare i tempi della ricrescita che sono sempre molto diversi dalle aspettative e dalle speranze.
Al pari deve risultare chiarezza ed onestà nella previsione dei risultati attendibili.
Sconsigliamo di promettere alcunchè, anzi non lo facciamo proprio: si sarà maggiormente ripagati dai risultati raggiunti con l’attenzione, le terapie, la pazienza e il tempo dedicato a questi pazienti.
Lasciamo ai centri trico-commerciali la falsa promessa di risultati immediati così come le conseguenze.
Manifestazioni combinate di ansia e depressione, con varie sfumature di gravità, fino ad atteggiamenti maniacali e ossessivi che sconfinano nella patologia psichiatrica vera e propria, sono una componente da tenere sempre in considerazione e, spesso, in primo piano col paziente tricologico.
Mentre sembrerebbe più semplice da capire il problema nella femmina, nel maschio ci si scontra quasi sempre con l’incapacità di accettare se stessi anche in presenza di una semplice stempiatura.
Deve essere ancora sottolineato come si tratti di ragazzi giovani che potrebbero e dovrebbero vivere gli anni fra la seconda e la terza decade con la maggior serenità possibile, avendo a disposizione (quasi) tutto il tempo che desiderano per divertirsi, stare in compagnia, confrontarsi fra loro, iniziare la maggior parte delle esperienze “da grandi” con il minimo delle preoccupazioni.
Non di rado invece un iniziale diradamento, spesso una appena accennata stempiatura, determina un crollo dell’autostima e un’incapacità totale a vedersi “normali”, che li costringe ad atteggiamenti autoreclusivi privandoli, e quindi facendoli soffrire, di una necessaria vita sociale e di quella spensieratezza a cui più tardi saranno costretti a rinunciare.
Questa situazione purtroppo non ha breve durata, vuoi perchè le armi a nostra disposizione sono tutt’altro che veloci, vuoi per la difficoltà ad entrare in diretto rapporto con persone che si ritengono perlopiù condannate all’infelicità.
E tutto questo per qualche capello in meno!
Da ciò si riesce forse a capire come l’offerta indiscriminata di “cure risolutive” se non di miracoli tricologici abbia trovato terreno fertile e continui a prosperare nonostante gli inevitabili fallimenti cui sono destinate. Un centro tricologico commerciale ha tutto l’interesse a NON risolvere il problema perchè così continuerà a vendere trattamenti costosi anche se inutili.
Si riesce anche a comprendere come il mercato possa proporre migliaia di prodotti cosmetici che, dietro la promessa di arrestare la caduta e stimolare la ricrescita, nulla possono ottenere al di là di ciò che sia consentito dal termine “cosmetico”. E spesso anche meno.
Va osservato inoltre che la maggior parte delle “prove scientifiche” con cui vengono talora presentati, sia del tutto inconsistente quando non soltanto presunta.
Da ultimo non sembri superfluo sottolineare il costo quasi sempre elevatissimo di tali prodotti.
Costo dietro al quale probabilmente si cela la molla per l’acquisto: chi comprerebbe una lozione che promette ricrescita a 2 o 3 €?
La necessaria conseguenza di tutto questo è che lo Specialista debba impegnarsi a educare il proprio paziente a spendere bene i propri soldi, almeno in campo tricologico, consigliandolo al meglio in un mare di prodotti inefficaci e indirizzandone le scelte verso quelli che possono risultare più utili, possibilmente senza doversi ulteriormente svenare.
Con molta pazienza, tempo e perseveranza è possibile ottenere buoni risultati anche per questo aspetto della Scienza Tricologia.