Preferisco le femmine.
Considero il rapporto medico-paziente così importante da reputarlo elemento fondamentale nella guarigione del paziente. Mi sento di fare questa affermazione in tutta tranquillità per aver vissuto, in svariate situazioni per fortuna non gravi, lo stesso rapporto ma nelle vesti di paziente.
E così sono incappata in alcuni Colleghi, professionalmente bravissimi, ma del tutto incapaci di rapportarsi a me, paziente e medico allo stesso momento, in modo umano, educato e spontaneo. Fortunatamente ho incontrato tanti altri medici assolutamente straordinari, che mi hanno aiutata e seguita passo dopo passo sino alla guarigione. Tra tutti non posso non citare una cara amica Neurologa che è una persona per me davvero speciale, medico, mamma e donna eccezionale che sa coniugare la totale esperienza e competenza professionale alla più assoluta umanità. Ha aiutato me in alcuni momenti difficili della mia vita (e chi non ne ha avuti?) e non mi sorprende che quasi tutti i pazienti a cui la consiglio mi ringrazino poi per aver dato loro la possibilità di incontrare una persona così straordinaria.
Non è un caso che si tratti di una neurologa, inteso nel senso di una donna, perchè devo riconoscere che con le mie pazienti donne ho un rapporto veramente speciale.
Intanto, in quanto donna, capisco in pieno le loro problematiche quotidiane, perchè sono anche le mie: il lavoro, i figli da seguire, la scuola, lo studio con le temute verifiche, le attività sportive, la famiglia da mandare avanti, la spesa da fare, le recite e i saggi scolastici, il marito che spesso è un bambino aggiunto e così via. E poichè non mi stanco mai di ripetere che i capelli, come la pelle, sono lo specchio esatto di come stiamo, ecco che nel contesto di una visita per un problema tricologico spessissimo mi trovo a discutere con le mie pazienti proprio di queste problematiche. Un uomo farebbe lo stesso? Non credo proprio. E una cosa che amo è come negli anni, visita dopo visita, controllo dopo controllo, il rapporto tra me e le mie pazienti si fa sempre più stretto e confidenziale, ognuna conosce i problemi dell’altra e spesso ci diamo consigli reciproci.
Molte delle mie pazienti sono diventate amiche e, anche se non necessariamente ci diamo del tu, io le sento tali.
E’ con grande orgoglio che alcuni anni fa sono anche diventata “zia” di Carlo Maria, un meraviglioso bambino, di cui conservo sempre la foto con me: la sua mamma, Paola, ha attraversato con me un percorso terapeutico che ha dell’incredibile e che lei ha giustamente definito una fiaba.
Ovvio come la relazione con tutte le mie pazienti donne non sia sempre facile: un gruppo, fortunatamente piccolo, viene alle visite regolarmente accompagnata dal marito. E fin qui non c’è nulla di male, non fosse che il marito vuole diventare il protagonista principale della visita, comportandosi come una mamma chioccia, entrando sempre in studio con la moglie e spesso parlando al suo posto: in questi casi la mancanza di possibilità di relazione diretta con la paziente rappresenta un grosso ostacolo all’instaurazione di un bel rapporto.
Con tutto ciò non voglio dire che non mi piaccia il rapporto medico-paziente se il paziente è un maschio, ma è un universo totalmente differente. Ho tantissimi pazienti che adoro e con cui sono in grandissima confidenza, ma l’uomo per sua natura è meno complicato di noi donne e molto raramente il suo problema di caduta è legato a situazioni di stress psico-fisico essendo quasi sempre di natura androgenetica.
Quello che diversifica enormemente il rapporto medico-paziente quanto si tratta di un maschio è l’età .
Ho pazienti molto giovani e molto in gamba, che si presentano regolarmente alle visite da soli, senza nessuno che li accompagni, ben documentati sul loro problema e sulle terapie da seguire, del tutto autonomi nel contattarmi via mail se insorge un problema o se nasce qualche dubbio. E’ una categoria di pazienti che amo molto, proprio per la loro indipendenza e nei confronti dei quali io spesso ho un atteggiamento quasi materno.
E’ invece a volte più complicato il rapporto con maschi di età compresa tra i 30 e 45 anni; sia ben chiaro, anche in questa fascia di età ho un sacco di pazienti con cui ho un rapporto splendido; uno di loro, Jacopo, mi invia regolarmente per mail delle foto assolutamente straordinarie e scattate da lui di paesaggi o di momenti ed istanti catturati dalla natura. Ciò che intendo dire è che a volte c’è la tendenza da parte di qualcuno a cercare di prevaricarmi in quanto donna e lo spiego con un esempio. Poche settimane fa è entrato in studio un paziente nuovo, di poco più di 40 anni, che dal momento in cui si è seduto non ha smesso un attimo di mandare sms al telefono, alzando velocemente la testa solo per rispondere alle mie prime domande. Dopo 10 minuti l’ho invitato ad accomodarsi fuori e a cercarsi un altro dermatologo.
Maleducato? Sicuramente, ma sono convinta che se al mio posto ci fosse stato un burbero dermatologo cinquantenne (come mio marito) non si sarebbe assolutamente permesso un simile comportamento.
Una categoria a parte nell’ambito del rapporto medico-paziente è rappresentata da quei maschi, non più ragazzini, che si presentano alle visite solo ed esclusivamente accompagnati dalla mamma. Voglio precisare che non c’è polemica nelle mie parole, anche perchè io stessa sono mamma di due maschi. Ma mentre alcune mamme sono simpaticamente travolgenti ed accompagnano il figlio per il puro piacere di farlo e di stare insieme, molte altre sono esageratamente apprensive e chiocce, senza rendersi conto che così facendo tarpano le ali al figlio, anche nel rapporto con il medico che lo sta prendendo in cura.
Magari quando i miei figli saranno grandi anch’io sarò una mamma chiocciona, ma spero che qualcuno me lo dica e mi fermi in tempo!