• Il trico-controllo: l’attesa.

    Il trico-controllo: l’attesa.

    Uno dei momenti più divertenti della visita tricologica  e’ quando dico al paziente il tempo che deve intercorrere prima del controllo successivo, ovvero almeno sei mesi. Perché e’ divertente? Perché senza rendersene conto il paziente sgrana gli occhi ed inevitabilmente mi pone sempre la stessa domanda: “Così tanto???”
    Ebbene si, così tanto.
    Sono consapevole di essere una mosca bianca in un mondo di colleghi spudorati che eseguono viste di controllo MENSILI sfruttando la fragilità psicologica del paziente con problemi di capelli. Un simile comportamento va contro ogni correttezza deontologica.
    E, non posso non dirlo, è un comportamento che proprio non tollero.
    Durante la visita non mi stufo mai di ripetere ai mie pazienti che il follicolo pilifero è come una tartaruga. O se preferite come una lumaca. Non è un caso che la mia Collega e paziente Pina, per la quale ho avuto da subito una istintiva e grande simpatia, mi abbia regalato una bellissima riproduzione in argento di entrambi questi animaletti, a testimonianza delle parole che chiaramente ho ripetuto fino alla nausea anche a lei. Il capello, signori miei, è un pigrone. All’inizio della terapia, quando si è pieni di buona volontà e di voglia di vedere i primi risultati, lui inevitabilmente delude. Spesso dico che i primi tre mesi di trattamento sono i più frustranti: pastiglie, ma soprattutto terapie topiche, i miei famosi “intrugli bomba” che sporcano il capello, lo rendono colloso e impataccato, costringendo ad un lavaggio quotidiano. A proposito, vogliamo mettere fine una volta per tutte alla clamorosa balla che il lavaggio quotidiano dei capelli li indebolisce?
    Gli intrugli, dicevo. Pazienza, costanza e nessun risultato. Quanto di più frustrante ci sia. Il pigrone inizia a dar segni di sè dopo almeno tre mesi, segni piccoli e lenti, sia ben chiaro, niente di eclatante, ma segni di miglioramento quotidiani, che un po’ per volta ogni paziente inizia ad apprezzare. Inizia la fase in cui il capello diventa più bello, più luminoso, più vitale. Lo spessore del fusto migliora, ed il volume globale inizia ad aumentare. Questi miglioramenti procedono lentamente nei mesi successivi e solo al sesto mese iniziano a dare una obiettività medica. Ecco allora la mia domanda: per quale diavolo di motivo dovrei rivedere un paziente prima di un minimo di sei mesi?
    C’è un solo motivo per cui potrei farlo: per disonestà. Ma per fortuna questa non fa parte del mio modo di lavorare. E ne vado molto fiera.
    E’ chiaro che non sono comunque un sergente tedesco e quindi sono estremamente flessibile a seconda delle situazioni e delle necessità. Ci sono ad esempio patologie tricologiche come il Telogen Effluvium e l’Alopecia Cicatriziale che, nella fase iniziale, richiedono controlli più ravvicinati, trimestrali, sicuramente mai mensili. Ci sono situazioni di particolare fragilità psicologica del paziente che hanno bisogno di un mio supporto più assiduo e costante. Tutti i miei pazienti sanno che l’intervallo di tempo che stabilisco tra una visita e l’altra e’ dettato da criteri puramente medici e clinici, ma questo intervallo può essere completamente disatteso a seconda delle loro esigenze psico-emotive. Io ci sono, se, in un momento di crisi e di difficoltà, il capello si affloscia, si appanna e inizia a cadere. Anche se ci siamo visti un mese prima e tutto andava benissimo.
    Un’ultima riflessione: sono orgogliosa dell’onestà che metto nel mio modo di lavorare. E senza falsa umiltà mi sento di dire che anche i miei pazienti lo sono altrettanto.

     

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